DOMENICA 5 OTTOBRE
ORE 10.00 - Teatro dei Filodrammatici
ETNOFILM
Ethnographic Film School
2015 - 2025
10 anni della scuola di cinema
proiezioni dei lavori degli allievi
Il dono della cura ‘14 ‘‘40,
di Giorgia Di Sario
Smascherati ‘14 ‘‘30,
di Matilde Bignotti
Lo psiconauta ‘15 ‘‘40,
di Virginia Manni
La maschera e il sogno ‘26 ‘‘36, di Enrico Bergamasco
Percorsi rurali - 17' - 2016, a cura di Luigi Di Gianni
La cinepresa imbracciata da antropologi ed etnografi non è cosa recente: per documentare le loro osservazioni sul campo, sin dalla nascita della pellicola cinematografica, decine di studiosi se ne servirono per arricchire le proprie ricerche senza però possedere conoscenze tecniche.
Col trascorrere degli anni poi, la cosiddetta cinematografia etnografica si è sviluppata coniugando da una parte la ricerca e dall’altra le modalità espressive del documentario, potenziatesi a loro volta col progresso della tecnologia audiovisiva. Nel 2015, la nascita in Italia della prima (e unica) Scuola di Cinema Documentario Etnografico a Monselice, in provincia di Padova, ha rappresentato un avvenimento importante e necessario per gli studi dell’antropologia visuale nel nostro paese. Questa realtà eccezionale nel panorama italiano, ideata dall’antropologo e documentarista Fabio Gemo, ha preso vita dopo più di vent’anni di passione, ricerca e lavoro svolti da Gemo e dal Centro Studi sull'Etnodramma (da lui fondato nel 1995) in collaborazione con diverse università italiane e straniere nell’ambito della ricerca antropologica.
“Negli anni ‘80 ho scoperto l’antropologia visuale – racconta Fabio Gemo – grazie a una straordinaria congiuntura di docenti che si trovavano allora all’Università di Padova: Antonio Marazzi, Paolo Palmeri e Gualtiero Harrison. Poco dopo, sempre Padova, ospitò il primo incontro internazionale di Antropologia visiva in Italia, era l’estate del 1988 e io a quei tempi ero ancora uno studente. Nonostante la mia giovane età, fu una rivelazione per me scoprire il mondo della documentaristica etnografica e da quel momento non ho più smesso di occuparmene."
La Scuola di Cinema Documentario Etnografico ha diplomato molti allievi, giunti da ogni regione italiana: si tratta di studenti con formazione universitaria per la maggior parte proveniente dagli ambiti sociologico e antropologico.
L’obiettivo è quel o di offrire agli studenti gli strumenti necessari per poter produrre un documentario etnografico, dalla progettazione al suo confezionamento finale. Oltre alle lezioni programmate, organizziamo di frequente incontri e seminari con antropologi e documentaristi che hanno contribuito e contribuiscono in modo significativo alla produzione di documentari, Gianfranco Pannone, Renato Morelli, Paul Hockings, Francesco De Melis, Antonio Marazzi e molti altri.
Valentina Di Cesare per la Voce di New York
DOMENICA 5 OTTOBRE
ORE 14.30 - Teatro dei Filodrammatici
proiezione
DIETRO LA PORTA
un film di Karine de Villers e Mario Brenta
76’ 2023
Gran Premio - Festival Internazionale San Giò di Verona - 2024
Premio Città di Freistadt - Heimat Filmfestival - Freistadt 2024
In ordine di apparizione
Nicola Falcinella, Gregorio Ciancaglioni, Michèle Heyvaert, Marguerite de Villers,
Michèle et Jean-Christophe Dehon, famiglia Gorini-Pantano, Gaetan Wenders, Agnès
Debizet, Karine de Villers e Godelieve Welleman, Boris Lehman, Paulus Brun,
famiglia Carraro-Finatti, Paola Mura, Franco Piavoli, Ermanno Olmi, Maurizio Zaccaro,
Marcello Siena, Comunità Portoghese di St.Gilles, famiglia Verlaine-Corbion,
Biagio Gibilterra e Mario Brenta
Fotografia: Mario Brenta
Montaggio: Karine de Villers
Mixage: Francesco Tedde
Color correction: Alessandro Tedde
Guardare dietro la porta significa portare il nostro sguardo in quel luogo, la casa, per scoprire in che modo possa rappresentare chi la abita, essere lo specchio della sua interiorità.
Diciotto ritratti - colti nella loro particolare quotidianità, fra le mura domestiche e non solo – per rivelare come il luogo di appartenenza, per origine, scelta o semplice casualità
della vita, possa essere indicatore del proprio personale rapporto che ciascuno ha con il mondo, con l'altro ma soprattutto con se stesso. Diciotto microcosmi che, pur nella loro naturale diversità, si articolano fra loro secondo un'armonia più universale, condivisa: una sorta di spartito visivo e sonoro, di melodia a più voci, corale in cui, crediamo, ogni spettatore, naturalmente e senza troppa fatica, si potrà
ritrovare e riconoscere.
saranno presenti gli autori:
Mario Brenta e Karine De Viller
DOMENICA 5 OTTOBRE
ORE 16.30 - Teatro dei Filodrammatici
Francesco De Melis
Videoarte del patrimonio
immateriale italiano
Tre esempi:
CALEIDOSCOPIO
FOTORITMICA
AFFRESCO DIGITALE
Lo sconfinamento dell’antropologia visiva nell’arte contemporanea in un viaggio dentro le nostre tradizioni attraverso il cinema e la fotografia
È a percezione “lenta e vorticosa” questa Videoarte del Patrimonio Immateriale: una sorta di danza delle tradizioni che, come si direbbe musicalmente, alterna sul piano visivo l’adagio al prestissimo. I riti s’inseguono e s’intrecciano, ma spesso anche si “adagiano”, appunto, l’uno sull’altro, abbracciandosi per dar forma coreutica e polifonica al flusso irrefrenabile di gesti, di sguardi, di corpi, di suoni e di colori. Questa modalità caleidoscopica si forgia sulla base di una scansione ritmica dettata dalla colonna sonora e anche le “tracce” digitali della musica “s’inseguono e s’intrecciano” vorticosamente in una miriade di configurazioni e velocità, marciando anche a rovescio. La dimensione “straordinaria” delle feste si affianca a quella “quotidiana” dei mestieri e la fibrillazione incessante del rito si tuffa musicalmente nell’energia del lavoro. È un’Italia dell’Uomo quella che si potrà sentire in queste percezioni, lasciandosi prendere per mano da quel “cerchio d’amore” in cui l’antropologia visiva si coniuga alla videoarte come nuova forma di cinema o di umanesimo digitale.
sarà presente l'autore:
Francesco De Melis, videoartista, compositore, antropologo della musica, produttore, fotografo e cineasta-etnologo.
DOMENICA 5 OTTOBRE
ORE 17.30 - Teatro dei Filodrammatici
proiezione
AFAR TOGETHER
Convivenza Remota
93' 2023
regia: Rodolfo Bisatti
con Sara Porcella e Leo Cattaneo
sceneggiatura: Rodolfo Bisatti e Leo Cattaneo
Per qualche motivo, a noi ignoto, Maddalena (giovane bellissima commerciante elettronica) non esce mai di casa. Vive con il fratello, unico essere umano che accetta in presenza. Maddalena ha però un fidanzato: Agamennone (Aghi) venditore “battipanni” seriale di tappeti e attore di teatro, passione che coltiva in segreto. I due convivono in rete, anche in modo conflittuale, lui vorrebbe (forse) averla in carne e ossa ed è geloso del fratello, lei, reclusa, sembrerebbe non soffrire di alcuna morbosità né patologia ma semplicemente assecondare una personale vocazione alla clausura e alla fede. La vicenda non si snoda ma si avvita fino a trovare una risoluzione che parrebbe congiungere entrambi… L’amore non ha limiti…
Siamo partiti da una semplice scaletta condivisa tra regista e attori, che, via, via, si è articolata nel corso delle riprese e degli incontri programmatici.
L’assetto creativo ha coinvolto la troupe in compartecipazione, un investimento comune.
Quest’opera fa parte del progetto: “Per un Cinema Minimo” e accompagna l’uscita dell’omonimo Manifesto. Una inversione di campo rispetto alla filiera tradizionale che in Italia, secondo l’autore, è per lo più nepotista e impresentabile al cospetto dei minimi intellettivi.
Per un cinema Minimo:
1) Tecnologie di ultima generazione, che riducono l’ingombro e consentono l’azione
2) Linguaggio poetico
3) Democrazia digitale nella realizzazione e nella distribuzione.
Faccio film, innanzitutto per corrispondere a una esigenza di spettatore, realizzo delle cose che vorrei vedere. Sì, sono uno spettatore piuttosto esigente.
Convivenza Remota, segue più un’impostazione Manga, secca e asciutta. Il bello di questo film è che ognuno se lo può gustare come crede. I due elementi scatenanti, per me, sono stati: il titolo che mi è balenato nel cervello dopo due anni di prigionia pandemica e un volto, quello di Sara, poi tutto è nato e cresciuto assieme a questi ragazzi, molto giovani, bravi e motivati. Un incontro felice tra stagioni diverse. È un lavoro che fa una bella corrente d’aria, una boccata d’ossigeno in un paesaggio grottescamente sempre più simile a sé stesso.
Anche a livello tecnico è stato interessante; nessuna luce extradiegetica perché i sensori lo consentono e qui potremmo aprire un discorso sul cinema a venire… Questo è un bell’esempio di cinema Minimo, cioè di cinema della pertinenza altro rispetto al cinema dell’apparenza.
sarà presente l'autore: Rodolfo Bisatti, Kineofilm
DOMENICA 5 OTTOBRE
ORE 21.00 - Teatro dei Filodrammatici
spettacolo melologo
ARCIPELAGO PASOLINI
ESCURSIONE LIRICA MUSICALE TRA LE SUE ISOLE CREATIVE
a cura di Andrea Bassato
diretto da Fabio Gemo
Fabio Gemo, voce narrante
Andrea Bassato, piano digitale e violino elettrico
testi di Pier Paolo Pasolini
musiche di Ennio Morricone
A 50 anni dalla scomparsa di Pier Paolo Pasolini (1975-2025), Etnodramma presenta una scelta di letture dell’artista di Casarsa, che spaziano a tutto tondo nel suo universo creativo. La sterminata produzione di Pasolini comporta sempre una certa difficoltà nella scelta dei materiali per raccontarlo: cosa privilegiare? Quali aspetti della sua creatività mettere in luce? Il criterio seguito per l’allestimento di questa lettura scenica e celebrativa è quello di dare conto della varietà multiforme degli interessi e della attività di Pasolini nel panorama della cultura italiana ed internazionale, pur salvaguardando una unità di stile che faccia emergere una coerenza di toni e di modi, tipici della sua personalità.
Unendo brani di periodi e di generi diversissimi, la parola di Pasolini esce in tutta la sua visionaria potenza profetica, in tutta la sua capacità di analisi nel profondo della società, della cultura, ma anche della sua stessa opera.
Sono dunque radunati e affiancati brani di romanzi, di poesie, di canzoni, di interviste, di cronaca, di narrativa di viaggio, di saggistica, di articoli giornalistici, intercalati da alcuni importanti momenti della sua cospicua e rilavante produzione cinematografica. Pasolini guarda il mondo, la società, riflette su di essa, ma nello stesso tempo riflette sul suo stesso modo di leggere ed interpretare la realtà, sui suoi stessi codici linguistici, sui diversi modi di catturare ciò che lo circonda, ora con la parola, ora con l’immagine, ora con la musica, che alterna, come il Pasolini pubblico e privato, suoni e silenzi. Sotto quest’ultimo aspetto, fondamentale è l’incontro con Ennio Morricone, con il quale – a partire dal 1966 con Uccellacci e uccellini, fino alla fine della sua vita – Paolini instaurò una collaborazione proficua, di reciproco disvelamento. Pasolini presenta a Morricone delle storie, narrate con taglio stilistico innovativo, anti-scolastico, provocatorio, volutamente noncurante della grammatica cinematografica, perché gli urge la prevalenza dell’emozione, dell’ansia di catturare una realtà incontaminata, scevra da orpelli e sovrastrutture, anche linguistiche. E Morricone, per converso, con intuizione geniale, traduce in musica le intenzioni e la personalità del suo regista, la sua duplice e contraddittoria natura, desiderosa di raccontarsi e di appartarsi. Il compositore colloca il mondo di Pasolini in un contesto atemporale, fiabesco, in cui una vena malinconica accompagna dolcemente il rimpianto per una età dell’oro perduta per sempre e ciò nondimeno sempre inseguita e in cui la solennità - spesso citata da Morricone - di un Bach, (autore prediletto da Pasolini) è al tempo stesso sintomo di rigore stilistico, aderenza alle cose, che, spinta all’estremo, volge in desiderio e ansia di Assoluto.
La grandissima parte dei brani musicali qui scelti, deriva da colonne sonore di film pasoliniani o di film in cui Pasolini abbia dato il suo contributo creativo, spesso in veste di soggettista o sceneggiatore.
L’intento è quello di restituire allo spettatore un ritratto poliedrico e variegato di Pasolini, non limitato al mito dell’artista profeta, di cui si citano spesso aforismi, frasi proverbiali o sentenze, come se la saggezza del dubbio non gli appartenesse, ma anche esteso ad un Pasolini immerso nel quotidiano, nel suo intimo rimuginare di fronte al suo stesso agire nella vita di tutti i giorni, con il suo lavoro, le sue prese di posizione pubbliche e private, evidenziando la duplice spinta che lo anima. Da un lato vi è infatti la immensa mole di scritti e dunque la vocazione all’espressione, anche fluviale, di sé e dall’altro, la tendenza al solipsismo, al silenzio, al raccoglimento interiore, all’ascolto muto di ciò che lo circonda, che bene si accorda con le molte testimonianze dei suoi amici e collaboratori, secondo le quali l’affabulatore gioioso, instancabile e vitale nella scrittura, letteraria e cinematografica, coesisteva perfettamente con il testimone ed osservatore taciturno, pensoso, formale e raramente sorridente, nelle relazioni interpersonali.